Ma io, sempre estraneo, sempre penetrando
il più intimo essere della mia vita,
vado dentro di me cercando l’ombra.
Fernando Pessoa
Frammenti, tasselli dell’esistenza collimano, s’incastrano, plasmano la quotidianità componendo talvolta disegni di vite che non ci appartengono. Realizzano puzzle preconfezionati imposti dall’esperienza, dalle convenzioni sociali, dal tempo che inesorabilmente scorre. Condizionati da schemi effimeri, spesso perversi ci ritroviamo all’improvviso meri spettatori di noi stessi in un teatrino nel quale ci muoviamo inconsapevoli. Oggi viviamo in una cultura che si adopera per trasformare la vita in un gelido interminabile simulacro di se stessa (Peter Halley). Definito dall’assoluta esigenza espressiva d’affrancamento da qualunque condizionamento, il linguaggio estetico di Elisabetta Falqui fonde gesto ed azione pittorica nel tentativo di sviscerare la complessità del proprio essere al di là da vincoli precostituiti. L’incontenibile volontà di liberare la forma dalla sua rigidità si concretizza a favore di una tensione interiore mediata dall’automatismo del dripping. Movimenti rapidi e decisi lasciano effondere il colore che, libero di scivolare, articola colature e filamenti scandendo ritmicamente la superficie increspata. Voragini oscure, abissi inattesi svelano pulsioni ossessionate dall’impeto per la lotta dell’affermazione del sé che si dilata all’entità collettiva del genere umano. La necessità esasperata di esprimere il disagio esistenziale confluisce nel limitare la gamma cromatica a violenti neri appena smorzati dal bianco d’avorio per culminare nella drammatica espressività delle laceranti tonalità del rosso, evocatore di forti impatti emozionali poiché dilagante e caldo, vitalissimo ed irrequieto, possiede una immensa energia, quasi consapevole (W. Kandinskij).
Nella sua totalità, l’opera pittorica di Elisabetta Falqui svela un’organizzazione spaziale quasi rigorosa alludendo ad una celata ambiguità espressiva. Lontana da facili improvvisazioni, seppure fondata sulla purezza del gesto, non induce mai ad una lettura caotica della rappresentazione quanto a stimolare percezioni emotive e riflettere visioni interiori spesso insondabili. Il puzzle dell’esistenza si ricompone nella mente dell’artista mediante ciò che è visibile unicamente nell’invisibile.
Roberta Vanali
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