Dodeca da Pitagora a Depero
Dodici libri come dodici scrigni. Dodici libri come dodici luoghi di accadimenti e rinvenimenti estetici. Anna Saba si ispira all’oggetto libro e al suo ruolo di modulo comunicativo per scrivere le tappe di un fecondo racconto affidato alla dimensione della memoria, quella personale, intesa come luogo dell’esperienza e della conoscenza. Fogli di rame incisi e una legatura fatta di marmo e di robusti bulloni riscattano la muta funzione del supporto cartaceo propria del libro, rendendo significante la materialità dell’opera. Esplicito è il rimando al “libro imbullonato” di Fortunato Depero, progettato nel 1927, significativo simbolo dell’ideologia artistico letteraria del movimento futurista. I libri scultura di Anna Saba, smontabili come quelli di Depero, conservano le caratteristiche di leggibilità e nelle “pagine” interne il racconto si sviluppa sotto il segno di una narrazione alogica. Se la scelta di disporre i libri in gruppi secondo una formula che rimanda alla terna pitagorica – 3, 4 e 5 – dà vita ad una composizione apparentemente rigida e poco flessibile, le linee sinuose e sempre mutevoli tracciate in ognuna delle dodici pagine iniziali dal serpente, a simboleggiare la lunga storia del movimento Plexus, generano, invece, il caos e suggeriscono indeterminatezza e libertà. Alle prime ricerche dell’artista, condotte nell’ambito di Plexus, rimandano i lavori in mostra realizzati con la tecnica del collage: quelli dentro i libri e quelli che vivono liberamente come opere singole. Questi ultimi si compongono di immagini astratte, ricche di simboli, da quelli esoterici del triangolo e del cerchio alle mani, le “prime amiche del cervello”, come le ha definite l’artista, ad esaltare l’importanza del senso del tatto nella fruizione dell’arte.
Pamela Ladogana
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