Programmati per giungere all’infinito. Gli uomini possono essere mostri o sapienti. La guida, l’unica, è quella dell’Arte. Magari con un percorso a spirale che sembra portare da nessuna parte.
Concetti semplici detti quasi sottovoce da Maria Lai in quello che sembra essere un testamento pensato nel pieno della consapevolezza.
Non sempre vale la pena di passare oltre l’opera. Troppe disillusioni hanno reso sbiadita l’immagine forte se a illustrarla è l’autore.
L’Artista non deve spiegare, ricamava Maria sulle copertine dei suoi libri nei quali i sogni erano realizzati con materia accessibile agli uomini.
L’opera può o addirittura deve essere slegata dalla conoscenza della personalità dell’autore. A volte anche solo per salvarlo dalla pressione di chi vorrebbe trarne vantaggio o fama riflessa. E costringerlo a fuggire il manifesto accorger de le genti.
Maria era riservata, a volte fino a sembrare scontrosa. Girava attorno alla risposta come su una scala a chiocciola eludendo la responsabilità di definire quanto la circondava. Io gioco diceva, non faccio arte. E sorrideva per vedere l’effetto. Ognuno di noi può interpretare, se vuole, questa affermazione. In ogni caso si sente che in lei fosse sempre da stimolo l’Ansia d’infinito.
Clarita Di Giovanni ha cercato, molto efficacemente, di fotografare affettuosamente le sensazioni che formano un percorso chiaro dei pensieri di Maria in un’opera che fa pensare. Come avrebbe voluto lei.
Condaghes
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